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      Appena scesi, c'incontriamo in uno squadrone di nostri usseri che venivano in buon ordine, ci accompagniamo con essi e ritorniamo al prato, fischiavano le palle da fucile, e il capitano Colin mi disse, per la pratica ch'egli aveva, che passavano di mezzo a noi con assai gentilezza senza toccarci. Noi stavamo per curiosità colà piantati come due statue equestri senza scaricar nemmeno le nostre pistole, pazienti di ricevere una schioppettata senza dovere che ci consigliasse, senza gloria. Non so cosa pensasse il Colin, forse la curiosità pura ve lo tratteneva, so che io mi trovai tranquillo e senza gran ribrezzo,
      il rumore delle palle da fucile non mi è spaventevole come quello della palla da cannone che mi fa terrore, ma lo nascondo. Venne una palla che colpì vicino. Oh mom ami, vous êtes blessé, grida Colin. - Io no, sarete voi, io sono sano, ecco le gambe, ecco le braccia, infatti credo che il colpo sia stato rasente terra, perché anche il mio cavallo era sano. Dopo qualche tempo i Prussiani si sono ritirati nel bosco, ed io con Colin abbiamo girato il loro campo, e i dintorni. Stanco per aver cavalcato più di undici ore senza cibo, contento di aver provato quanto possa rispondere di me, pranzai dal maresciallo verso sera a Eskerwalde, indi andai al quartiere assegnatomi. La porta della stalla era più bassa de' miei cavalli, il mio alloggio era un fienile, delizioso per chi era stanco come lo era io. Mi congratulavo che la vista dei morti, il sibilo delle palle non mi avessero eccitati troppo vivi sentimenti nel mio animo, cerco le cose bisognevoli nella valigia, e non trovo né pettini, né fazzoletti, né camicia, né tabacco, né forbici, né rasoi.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





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