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      Niente insomma, di quello che mi premeva. Dovetti farne senza. Questa minuzia è stata per me un martirio, e bisogna veramente avere delle gran bestie scortesi al suo salario per essere assistito come lo sono io, singolarmente da Giuseppe. Soltanto l'altro ieri giunsero gli equipaggi, andai loro incontro, e veduto finalmente il mio carro, non dissi altro se non che in avvenire saprei quanto fidarmi della loro attenzione, e nominai le cose che mi mancavano. La sera mentre cenavo nel mio quartiere non vidi Giuseppe, ne feci ricerca, né mi si diceva il motivo perché non veniva. Seppi che era in un orto attiguo, lo ritrovai coricato e involto nel tabarro, lo chiamo, non risponde, gli do un colpo o due di canna, allora si scuote, è la prima volta che fui obbligato usare di questa eloquenza con costui. Indovinate cosa mi rispose. Disse, questa sera io sono a Brescia e domani a Milano, e non gli potei cavare altro di bocca. Costui o era pazzo od ubriaco, il giorno dopo aver concertato di rimandarlo spesato in patria col mezzo dei direttori del treno dei muli, mi si gittò in ginocchio, pianse, supplicò, insomma mi fece compassione, ed ho fatta la pazzia di lasciarmelo vicino ancora. L'imbecille teme d'esser fatto prigioniero dai Prussiani, e che lo faccian tamburino e lo bastonino, sempre invoca i morti di San Bernardino e trema, davvero dubito che diventi pazzo del tutto. Son pure stato buono a prendermi per Sancio pancia un decano della signora marchesa Litta!
      Ho provato una sensazione affatto nuova prima dell'affare di Sorau.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





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