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      Dacché ero all'armata, non avevo veduto niente di bello e d'elegante. I miei quartieri erano un miserabile granaio, al quale si ascendeva con una scala a mano, ove il tetto mal rattoppato mi faceva piovere sul capo mentre dormivo, e dove non poteva muovermi per le sconnessure del pavimento. Anelo l'alloggio del maresciallo, se ben sia la casa più degna del luogo, è meschino. Dopo un mese di visita unicamente di questi oggetti, passiamo a porre il quartiere generale in una villa mediocremente ben fatta; il passeggiare da solo per qualche viale, il mirare i verdi tappeti ben fatti che lo costeggiano, mi fecero provare nell'animo un'emozione deliziosa. Credo che i villani ne provino di simili, se pure la mia delizia non nasceva dalla grata illusione di credermi per un momento in Italia, di che non saprei darvi buon conto; pare che i beni e i mali si compensino, e che la consolazione consistendo nel passare ad uno stato migliore, sia anzi più facile il provarne di più vive, quanto più infelicemente viviamo.
      Mi è accaduto qui un caso assai strano, come sono quasi tutti i casi che capitano in questa società formata dal rifiuto delle altre. Stavo qui sulla piazza di Sorau in circolo con cinque o sei alti ufficiali, e fra questi il tenente colonnello conte Origo, che da molti anni conosco. Mentre pensavo a tutt'altro, ecco che entra nel circolo un ufficiale col petto gallonato, che con viso arcigno mi squadra dalla testa ai piedi, e mi domanda se sono del reggimento Clerici. - Sì, signore, rispondo.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





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