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      Sino a che fu a Milano le aggradì moltissimo e mi rispose graziosamente, ora che è a Vienna e non ne ha bisogno, ha cambiato stile; può aspettarsi altre mie lettere! Non ho mai cercato d'entrare nel suo reggimento. Il conte Cristiani spontaneamente s'era esibito di collocarmi in un impiego. L'anno scorso prima di morire mi fece avvisare che, s'egli soccombeva, dovessi dirigermi al conte Kaunitz, già da lui prevenuto; in conseguenza di ciò, v'assicuro che nessuno è stato più maravigliato di me, quando in agosto dell'anno scorso mi venne annunciato che ero capitano nel reggimento Cle
      rici, colla inaspettata condizione di dover servire sempre nel battaglione d'Italia, per non scostarmi dai miei parenti. Questa condizione mi ha spinto appunto a chiedere il permesso di fare la campagna. Ma quel poco tempo d'otto mesi che fui a Milano coll'uniforme, bastò per farmi desiderare di non aver a che fare col marchese cugino. Alla domenica egli lascia venire gli ufficiali alla sua anticamera, ove li lascia per un'ora, frattanto entrano i suoi buffoni, e termina col farci dire che ci ringrazia, ma non può riceverci. Per un galantuomo ben nato, la cerimonia è poco graziosa. Egli è aspro, in faccia diventa officioso, non mi va a genio il suo carattere. Giorni sono il maresciallo ha spedito secretamente a Dresda, il capitano Collin per sapere dal generale Griboval, che ha la cura di fortificarvi un campo, qual sicurezza avremo. Questo prova che probabilmente finiremo l'anno col tornare indietro.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





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