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      - Fabris era conosciuto, perché serviva nel numero degli addetti al generale Lascy per le marce e i quartieri. La sua franchezza, la necessità d'appigliarsi ad un partito, il non conoscerne uno migliore, determinarono il maresciallo ad ordinare la marcia del corpo di truppa che aveva seco. Fabris precedeva. Passiamo tranquillamente nel bosco, ci schieriamo con sicurezza nella pianura, e, usciti fuori dal bosco, ci dividiamo in due colonne. I nemici cannoneggiavano senza far danno ad alcuno, perché eravamo coperti dalle alture. Fabris, alla testa della sua colonna, appena si mostrò ai nemici, scivolò sedendo, ed in egual modo fece scivolare sul loro sedere i granatieri che gli venivano dietro, così i cannoni d'un fortino che stava sul fianco sinistro dei Prussiani, e di contro al quale si mostrò, non poterono più offenderli, giacché, oltre una certa inclinazione, il cannone non si piega. Poi arrampicandosi e sostenendosi siccome ad una scaletta, attaccarono il fortino. I Prussiani, dopo una scarica generale dei loro fucili, la maggior parte li gettarono e si diedero alla fuga. Fabris, posto il piede nel fortino, mandò al maresciallo un complimento di congratulazione per la vittoria. I nemici furono inseguiti, ma sopraggiunse la notte. I Prussiani si trovarono coll'Elba alle spalle; di contro eravamo noi, ai fianchi eranvi i due cavi come ho detto, sopra d'uno eravi il generale Brentano col suo corpo, sull'altro verso Dohna il maresciallo Serbelloni coll'armata dell'Impero. Durante la notte tentarono di farsi strada verso l'armata dell'Impero, ma con pochi colpi di cannone vennero respinti.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





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