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      L'affetto, la spontanea sommessione, l'ammirazione, la fama; tutt'i beni, che queste seco portano, gli sperava, e li vedeva di fronte, quando si apparecchiava all'atto generoso, e così la speranza era la sorgente di tutti quei piaceri morali.
      L'uomo fedele alle sue promesse, grato ai beneficj, attivo nel consolare e aiutare gli uomini, disinteressato, nobile, guardingo a non nuocere sia coi fatti, sia colle parole più trascorrevoli, e talvolta più fatali, ogni volta che un nuovo atto rinfianca i suoi principj, prevede di rendere se stesso sempre più forte coll'abitudine al bene, e di confermare e cimentare sempre più la opinione pubblica, e singolarmente la stima degli uomini buoni; quindi in ogni atto virtuoso che fa, sente diminuito un grado alla possibilità di perdere questi beni, e accresciuto un grado alla speranza delle sensazioni piacevoli che se gli affacciano. Il piacer morale di lui sarà sempre più forte, quanto più diffiderà della perseveranza, e quanto sarà più incerto e timoroso sulla opinione altrui.
      O io m'inganno, oppure questa teoria è costante, siccome ho detto, che tutt'i piaceri egualmente come tutt'i dolori morali nascono dal timore, e dalla speranza, in guisa tale che, se potesse darsi un uomo incapace di temere o di sperare, questi non potrebbe avere che soli piaceri, e dolori fisici; come vediamo appunto accader ne' bambini, i quali sprovveduti d'idee, e altro non avendo che gli organi disposti a ricevere le impressioni, tanto meno corredati di memoria, quanto più è vicino il momento, in cui cominciarono ad essere; incapaci di grandi paragoni, o numerose combinazioni, non sentendo nè speranza, nè timore, unicamente in preda ai dolori e ai piaceri fisici, non cominciano a gustare i morali se non a misura che gli anni, e l'esperienza insegnano loro l'arte di sentire per antivedenza.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308