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      Nel primo non ebbe piacere, perchè la cessazione fu lenta: nel secondo caso ebbe un piacer sommo, perchè la cessazione del dolore fu rapida. Se ciò è, abbiamo la definizione dei piaceri morali, e sono una rapida cessazione di dolore.
      Dei dolori morali, che insensibilmente si annientano senza sentimento di piacere, ne abbiamo una schiera assai grande, e sono tutti quelli che il tempo solo fa cessare. Lo stesso sposo detto poc'anzi rimane vedovo. Uno squallido universo gli si apre davanti, non ha pace, non la spera, non è più sensibile che al dolore, e a quel dolore solo, non prevede più alcun bene nella sua vita. Dopo alcuni anni il dolore è diventato una memoria tenera, ma non tormentosa. Si è annientato il tormento senza che nell'annientarsi sia nato verun piacere morale, perchè appunto lentamente e per gradi si è estinto.
      Il piacere nasce adunque dal dolore, e consiste nella rapida cessazione del dolore; ed è tanto maggiore, quanto lo fu il dolore, e più rapido l'annientamento di esso. Quanto più si diminuisce la rapidità, di tanto viene a scemarsi la sensazione piacevole nella energia. Sin tanto che la cessazione si farà a salti sensibili, l'uomo proverà tanti piaceri, quante sono esse cessazioni; e interamente sarà svanito ogni piacere, allorquando cesseranno i salti, e lentamente calmandosi il dolore, toccherà l'uomo tutti gli stadi intermedj con pausa di tempo.
      Pare che tutta la serie delle sensazioni morali adunque corrisponda ai modi possibili di esistere concepiti da noi.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308