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      Nella nostra fantasia dopo che la sperienza ci ha ammaestrati dei modi diversi, ne' quali possiamo esistere, e delle diverse affezioni delle quali possiamo essere occupati, si dipinge come una scala di questi diversi modi, e considerando sempre la nostra attual situazione lontana dalle due estremità del sommo bene, e del mal sommo, ci resta che temere e che sperare; quindi prevedendo una prossima discesa a un genere peggiore di vita, ci addoloriamo, e antivedendo la probabilità di ascendere a una vita migliore, speriamo, e ne abbiamo piacere. Che se la nostra attuale condizione potesse da noi considerarsi giunta o all'estremità del sommo bene, ovvero a quella della somma miseria, allora non vi sarebbe alcuna sensazione morale possibile per noi, perchè la somma infelicità esclude ogni speranza, il sommo bene esclude ogni timore, e così gli uomini sono appunto sensibili alle affezioni morali, perchè si conoscono lontani dalle due estremità. Le sensazioni nostre morali sono adunque relative allo stato in cui ci troviamo, a quello a cui prevediamo di dover passare. Un determinato modo di esistere non è per se stesso nè un bene, nè un male; sarà un bene per chi da una vita peggiore vi ascenderà, e all'incontro sarà un male per chi vi decada da una vita migliore. Quanto maggiori sono i salti, e quanto più sono rapidi, tanto è più energica la sensazione. Il voluttuoso, il molle Orazio sarebbe stato consolatissimo, se avesse potuto diventar collega di Mecenate; ma l'ambizioso, l'accorto Ottavio se avesse dovuto discendere al grado di Mecenate, avrebbe trovato quella situazione la più tormentosa a soffrirsi.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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