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      Quanto maggiori progressi facciamo nella vera filosofia, tanto più ci liberiamo da questi mali. Sia per esempio: prendo un ambizioso nel momento in cui gli viene l'annunzio, che una carica da lui ansiosamente desiderata, e quasi certamente aspettata, dal principe vien conferita a un suo rivale. Ecco l'ambizioso nello squallore, nell'abbattimento, immerso in un profondo dolor morale. Un freddo ragionatore s'accosta a lui: che fai, uomo desolato e oppresso (gli dice), perchè ti abbandoni così a un vago, e forse chimerico timore? Che temi? Quasi nol sai, confusamente tu prevedi di dover viver male. Ma quai mali prevedi? Gli uomini non avranno per te quei riguardi che tu vorresti, ti stimeranno meno, sarai men ricco? Calmati, e per poco almeno esamina questo timore a parte a parte, non prenderlo tutto in massa. Gli uomini ti mancheran di riguardi? Qualche inchino meno profondo, qualche adulazione di meno non è una perdita da farti disperare; se ambisci i riguardi degli uomini illuminati, essi non saran cambiati per te. Gli uomini ti stimeranno meno? Non già gl'illuminati; per il restante hai perduta qualche curvità negli inchini, e qualche bassezza di chi mendicava il tuo favore? Non è poi grande lo scapito. Sarai men ricco? Tutt'i mali che vagamente temi, forse si riducono a salariare due o tre sfaccendati di meno, a nutrire due o tre parassiti di meno alla tua tavola. La tua sanità, la robustezza de' tuoi anni, il concetto della tua probità, delle tue cognizioni, tutto ciò rimane intatto presso gli uomini ragionevoli, i quali sanno quanta parte abbia il caso nella distribuzione degli ufficj su di questo teatro del mondo; ti resta con che nutrirti, alloggiare, vestirti decentemente.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308