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      §. VIII.
      I piaceri delle belle arti nascono dai dolori innominati.
     
      La musica, la pittura, la poesia, tutte le belle arti hanno per base i dolori innominati in guisa tale che, se io non erro, se gli uomini fossero perfettamente sani e allegri, non sarebbero nate mai le belle arti. Questi mali sono la sorgente di tutti i piaceri più delicati della vita. Esaminiamo in fatti l'uomo nel momento in cui è veramente allegro, contento, e vivace, e lo troveremo insensibile alla musica, alla pittura, alla poesia, e ad ogni bell'arte, ammeno che la precedente abituazione meccanicamente non lo porti a riflettervi, ovvero la vanità di mostrarsi sensibile non lo renda ipocrita in quel momento. L'uomo vigoroso, che ha la contentezza nel cuore, è nel punto il più rimoto dalla sensibilità: questa s'accresce col sentimento della nostra debolezza, dei nostri bisogni, dei nostri timori. Un uomo, che abbia della tristezza, s'egli avrà l'orecchio sensibile all'armonia, gusterà con delizia la melodia d'un bel concerto, s'intenerirà, si sentirà un dolce tumulto di affetti, godrà un piacer fisico reale, cioè sarà rapidamente cessato in lui quel dolore innominato, da cui nasceva la tristezza, coll'esser l'animo assorto nella musica, e sottratto dalle tristi e confuse sensazioni di dolori vagamente sentiti, e non conosciuti. Anzi per uscire dalla tristezza che lo perseguita, l'uomo da sè medesimo si aiuta e cerca di abbellire e d'animare coll'opra della fantasia l'effetto delle belle arti, e per poco che abbia l'anima capace d'entusiasmo, come nella casual posizione delle nubi ei ravviserà la espressione di figure in vario atteggiamento; così nelle variazioni musicali s'immaginerà molti affetti, molti oggetti, e molte posizioni, alle quali il compositor medesimo non avrà pensato giammai.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308