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      Ogni uomo entusiasta, ogni uomo che appassionatamente ama o una scienza, o una bell'arte, o un mestiero, o cosa qualunque, non l'ama per altro se non perchč egli č originariamente infelice con sč medesimo, e tanto pił avidamente ama i mezzi per sottrarsi, quanto č maggiore la somma dei dolori innominati, ch'ei soffre abbandonato a sč medesimo. L'uomo che esiste male, isolato, cerca di darsi in preda ad un oggetto prepotente per essere da quello occupato; ma l'uomo robusto, lieto, e felice sfiora sorridendo gli oggetti, e signore della natura domina le sensazioni proprie tranquillamente; quindi poca, o nessuna compassione troverai presso di lui non gią per durezza o malignitą, ma per la volubilitą naturale del suo felice animo che leggermente si occupa, tutto vede, nulla esamina, e sente un solletico bensģ nelle idee, ma non urto, nč impeto giammai. Molti hanno detto che gli sciocchi sono felici; io anzi dico che i felici sono sciocchi, perchč l'uomo, che non soffra il pungolo del dolore, e che tranquillamente viva vegetando, non ha una ragion sufficiente per superare la inerzia e attuarsi presso di verun oggetto; quindi nessuna parte dell'ingegno se gli puņ sviluppare, e nessuna idea viene da lui esaminata attentamente. Non v'č principio che lo obblighi a balzar fuori dall'indolenza, ed affrontare la fatica. Non č dunque la sciocchezza cagione della felicitą, ma al rovescio l'uomo č sciocco perchč č felice. In fatti troveremo che tutti gli uomini, che coltivano le scienze, e le arti con qualche buon successo, furono spinti dall'infelicitą, e dalla folla dei mali sulla laboriosa carriera che hanno battuta.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicitą; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308