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      Altronde l'uomo può per anni e lustrì soffrire i tormentosi e vani desiderj de' quali ho trattato, ma assai più breve è il periodo de' desiderj fisici, i quali o si saziano o svengono naturalmente col tempo, e per ciò meno interessano la felicità della vita intera. Finalmente l'argomento è troppo difficile a trattarsi colla severità della sola ragione, ed è più confacente alla penna d'Ovidio che lo espose in facili e leggiadri versi, anzi che alla placidezza di un ragionamento; perciò trascorse le due fonti de' più dannosi desiderj nostri, conosciuto di quanto la ragione possa liberarcene, passo a divisare i mezzi onde accrescere il nostro potere.
      Prima base del poter nostro è lo stato fisico della nostra organizzazione. A condizioni uguali dammi due uomini, uno sia vegeto, l'altro soltanto abbia qualche difficoltà allo stomaco caricato di troppo cibo; annunzia a ciascuno di quelli due uomini una piccola disavventura, vedrai il primo rimanere quasi tranquillo e l'altro sensibilmente affliggersene. Noi medesimi possiamo farci testimonio se dopo esserci addolorati e irritati talvolta con molta pena, liberati poi da taluno dei dolori innominati, de' quali nell'altro discorso trattai, ci troviamo noi medesimi stupiti che per così piccola cosa abbiamo perdute delle ore di pace e di calma. Ciò posto molto dipende da noi stessi e dal buon uso che facciamo della ragione nostra il mantenere più vigorosa la condizione dello stato nostro fisico. L'abuso de' piaceri fisici ci snerva e indebolisce, seco guida dappoi malattie; l'intemperanza nel cibo, l'eccesso nelle bevande, la vita neghittosa e sedentaria, l'abituazione a troppi comodi tendono tutti a indebolire il nostro poter fisico.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





Ovidio