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      Mi si cercherà pure cosa io intenda di significare colla parola Virtù. Io non intendo di comprendere sotto questo vocabolo gli atti del Culto religioso, ma unicamente di significare quella classe di azioni che per consenso generale degli uomini in ogni tempo in ogni luogo costantemente furono considerate virtuose, perdonare generosamente all'inimico, essere fedeli, grati, liberali, umani, valorosi, giusti; e per comprendere il tutto più brevemente l'esercitare gli atti utili in generale agli uomini.
      Perciò l'animo virtuoso sarà quello che ha un costante desiderio di fare cose utili in generale agli uomini. Ora siccome l'onestà ci porta a guardarci dalle azioni dannose ai nostri simili, ed è nostro interesse, siccome dissopra ho detto, d'ubbidire alle leggi della onestà, così evidentemente se ne deduce essere nostro dovere di non mancare alla Virtù.
      Ciò posto per conoscere fralle contraddizioni angustiose delle leggi cosa esiga da noi la virtù, conviene esaminare nella scelta quale dei partiti che ci si affacciano produca un effetto più utile in generale agli uomini. Convien calcolare se sia più il bene che si fa agli uomini svelando un secreto e liberandoli da uno che è giudicato pernicioso alla quiete pubblica, ovvero se sia maggiore il male di autorizzare col proprio esempio un freddo tradimento ed un legale assassinio. Per fare esattamente questo calcolo conviene esaminare altresì lo stato attuale della società in cui ci troviamo.
      Formiamoci una idea d'una società d'uomini tanto perfettamente organizzata quanto ce la può somministrare la nostra immaginazione.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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