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      Da questa interna analisi di noi medesimi nasce il gran bene che possiamo sentire con una sorta d'amicizia di noi stessi la contentezza di esistere, di renderci conto de' principj che ci movono, il che ci dà una ragionata compiacenza di noi medesimi, poichè sentiamo la distanza vera e reale che passa fra noi ed i volgari, e la non fattizia superiorità nostra in ciò che noi possìamo essere con noi medesimi, laddove quelli portano sempre il loro nemico nel cuore, se non altro il tedio della propria esistenza; e questo sentimento accresce il vigore del nostro animo e il nostro potere.
      Per conoscere me medesimo io non cercherò che gli altri uomini mi dicano cosa io mi sia nè quanto io valga; il giudizio più esatto l'ho da fare io stesso, e lo potrò fare se mi esamino. La imbecillità degli uomini m'innalza al dissopra del mio vero orizzonte per poco che mi sorrida la fortuna; l'orgoglio e la invidia degli uomini vorrebbero persuadermi ch'io valgo meno di quello che è in fatti. Se mi abbandono a giudicare di me stesso dalla apparente stima degli altri sarò un uomo passivo e comune, gli onori mi ubbriacheranno e mi faranno cambiare portamento e morale, una traversia mi annienterà e mi farà strascinare nel fango l'avvilita esistenza, passerò la vita ora schiavo, ora tiranno, e non mai uomo, nè felice. Io esaminerò me stesso, e vedrò se una azione generosa mi lascia l'animo in calma, se conservo la pace interna all'udire una azione infame dirò, il mio cuore è disgraziatamente insensibile, il mio animo è fin ora incapace di elevazione, sono pur troppo un uomo comune e gregario.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308