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      La vista d'un animale morto eccita una emozione violenta nell'animale vivo della specie istessa, e soffrendone con dolore la vista se ne allontana con ribrezzo. Le grida del dolore d'un animale svegliano la sensibilità di altri animali della specie medesima, e si vedono penosi accorrere e inquieti attrupparsegli d'intorno. Questa legge non è comune a tutti i viventi, ma soltanto a molte specie, e quella dell'uomo vi si comprende. Indipendentemente dalla ragione sembra quasi per istinto che l'uomo alla vista d'un altro uomo che sia addolorato patisca, e da questo patire come per simpatia ne deriva la voce compassione. I bambini fanno ridendo delle azioni crudeli, e sono insensibili talvolta ai mali altrui, perchè non hanno idea di quello che soffre l'oggetto che hanno presente, ma l'uomo comune ancora soffre nel vedere soffrire un suo simile, e a meno che non si sia con replicati atti costantemente incallito alla vista dei mali, le fibbre con un intimo fremito lo portano anche macchinalmente a desiderare il fine del male altrui. Pochi uomini reggeranno a starsene la prima volta col Giudice criminale, che fa dai sgherri slogare le ossa a un infelice colla tortura, ovvero col Litotomo, che taglia l'uomo vivo per estrarre la pietra, e ascoltando l'agitazione interna l'uomo non incallito farà cessare lo spasimo altrui se lo può, o almeno si allontanerà colla fuga dall'atroce spettacolo. Se questa macchinale irritabilità si risguarda dalla ragione, potrà un austero e duro Stoico consiliarci di indebolirne la forza coll'uso di assistere agli spasimi altrui: ma se un più umano e più illuminato Filosofo considera questa fensìbilità del nostro animo come la benefica sorgente delle umane virtù, se a questa conosce appartenere la bontà del cuore, la fratellanza, la dolcezza, la sociabilità nostra, consigliera in vece di ben custodirla, e di tenercela ben cara, e preservata da qualunque azione che ne diminuisca la più squisita palpitazione.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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