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      Io non entrerò a divisare i principj e i mezzi co' quali si promove e dilata là felicità di uno Stato; sarebbe questo un argomento, che da se meriterebbe un volume, nè ardirei cimentare le mie forze con un sì vasto oggetto. Unicamente cerco di conoscere se gli uomini che attualmente vivono abbiano maggiori mezzi per accostarsi alla felicità di quelli che le circostanze passate offirono ai nostri maggiori. Questo paragone può essere consolante. Se dapprincipio si è osservato dovere ogni uomo nel corso della vita più soffrire che godere, e la miseria essere più vicina all'uomo che non la felicità; almeno contro di questa dura verità riporremo l'altra più ridente, ed è, che i mezzi per sottrarci alla infelicità si vanno moltiplicando, e che gli antenati nostri vissero a peggiori condizioni che non viviamo noi. Se la prima verità ci disinganna d'uno stato chimerico, e ci fa volgere a conoscere la reale condizione nostra, e porre ordine e sistema al nostro ben essere; la seconda ci rincora a meglio sopportare una vita coll'esempio dì nostri simili che seppero sopportarne una più penosa. Gli uomini occupati della erudizione storica sanno questa verità; il Muratori in cento luoghi si consolava della felicità de' costumi e de' governi in paragone de' trasandati, io ne presenterò un compendiosissimo prospetto.
      Tutto è in moto nell'universo. Volgo il pensiero ai tempi più rimoti ai quali giunge la storia, e vedo in prima i Greci animati da un violento amore della gloria nazionale uscire dagli stretti confini del loro paese, e rotolarsi come un torrente devastatore sull'Asia e sull'Africa, soggiogando le genti attonite che stupidamente presentavano il collo al giogo del vincitore.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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