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      Che i contadini sieno venditori di grano, e non compratori in un paese fertile di grani è facil cosa a capire. Bada riflettere che essi non comprano il grano nè il pane, ma confumano il pane fatto dal grano che essi medesimi coltivano; essi poi pagano il proprietario della terra o immediatamente col grano, ovvero col denaro che hanno ricavato vendendolo; essi per comprarsi il vestito e le consumazioni, necessariamente adoprano il prezzo del grano venduto; tanto è ciò vero che in uno Stato abbondante di grano il contadino sarà più miserabile quando i prezzi de' grani saranno più vili. Ciò posto qual è l'aspetto in cui ci si presenta dappertutta quasi l'Italia, l'uomo il più necessario, e il più benemerito della società. Vediamo il miserabile contadino, nudo le gambe, e scalzo; egli ha sul suo corpo il valore di tre, o quattro lire e non più; egli mangia un pane di segale e di miglio; non mai beve vino; rarissime volte si pasce di carni; la paglia è il suo letto, prima d'avere una moglie; un meschino tugurio è la sua casa; stentatissima è la sua vita, e faticosissimi i suoi lavori. Egli si consuma e si logora fino all'ultima vecchiaja senza speranza d'arricchire, e contrastando colla miseria per tutto il corso de' suoi giorni; null'altro bene raccoglie se non quello che accompagna una vita semplice, e che producono l'innocenza, e la virtù. Egli non trasmette a' suoi figli altra eredità che l'abituazione al travaglio. Generazione d'uomini frugalissimi, laboriosissimi che danno un valore alle terre, ed alimentano la spensieratezza, l'ozio, e i capricci delle Città! Questi sono gli oggetti rimoti dallo sguardo del Cittadino; oggetti degni di eccitare tanta commiserazione per lo meno, quanta ne muove la mendicità per lo più meritata dalla plebe civica.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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