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      Sebbene sul tributo sieno usciti alla luce in questi ultimi anni ottimi trattati, e siensi posti in chiaro per la maggior parte i principj; con tutto ciò credo che vi resti qualche cosa da fare anche a chi scrive in quest'oggi. Per formarci un'idea della necessità e giustizia del tributo si rifletta che una società di uomini non potrebbe sussistere tosto che fosse impunita la violenza e la frode che un cittadino può fare all'altro, ovvero tosto che una nazione conquistatrice venisse a devastarla. Da quì nasce la necessità per cui una parte de' cittadini debb'essere occupata a difendere la nazione intiera, e ciascun individuo che la compone da ogni usurpazione e violenza sì interna che esterna. Una unione d'uomini la quale non avesse veruna forma di governo, alla prima minaccia d'un invasione o dovrebbe disperdersi abbandonando il suolo nativo, ovvero tumultuariamente accorrere per respingere l'aggressore. Frattanto sarebbe abbandonata la coltura delle terre, e costretta dalla fame dovrebbe piegare alla necessità, e sottomettersi. Così tumultuariamente e con un disordine perenne si respingerebbe anche l'aggressore interno, la forza sola deciderebbe di tutto, tutto sarebbe in combustione.
      Da ciò nasce la necessità di avere un numero di uomini unicamente destinati a mantenere la sicurezza della proprietà a ciascun membro dello Stato, uomini di professione obbligati in parte ad agire per respingere con impeto le usurpazioni della forza, e in parte a verificare tranquillamente i diritti d'ognuno e ordinarne la difesa; a invigilare sulla pubblica felicità da ogni suo lato, e promuoverla.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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