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      Convenne finalmente col crescere della peste e il moltiplicarsi giornalmente il numero de' morti disingannare il popolo, e persuaderlo che il malore purtroppo era nella città, e laddove i discorsi nessun effetto producevano, si dovettero far manifesti sopra gran carri gli ammassi de' cadaveri nudi aventi i bubboni venefici, e così per le strade dell'affollata città girando questo spettacolo portò infine la convinzione negli animi, e forse propagò più estesamente la pestilenza. Allora fu che il popolo furiosamente si rivolse ad ogni eccesso di demenza. Nei disastri pubblici l'umana debolezza inclina sempre a sospettarne cagioni stravaganti anzi che crederli effetti del corso naturale delle leggi fisiche. Veggiamo i contadini attribuir la gragnuola non già alle leggi delle meteore, ma piuttosto alle streghe. Veggiamo i saggi Romani istessi al tempo, in cui erano rozzi, cioè l'anno di Roma 423 sotto Claudio Marcello e Cajo Valerio, attribuire la pestilenza, che gli afflisse a' veleni apprestati da una troppo inverosimile congiura di matrone romane: come Livio lib. VIII, cap. XII, Dec. I: Proditum falso esse venenis absumptos, quorum mors infamem annum pestilentia fecerit [Falsamente si disse che erano morti avvelenati coloro la cui morte invece fu provocata, in quel terribile anno, dalla pestilenza]. Veggiamo in Napoli, pure nel secolo scorso, cioè nel 1656, attribuita la pestilenza agli Spagnuoli o allo stesso viceré per rovinare il popolo con polveri pestifere, e si credette "che per la città andavano girando persone con polveri velenose e che bisognava andar di loro in traccia per isterminarle; così in varie truppe uniti andavan cercando questi sognati avvelenatori, ed avendo incontrati due soldati del torrione del Carmine, affin di attaccar brighe che poi finissero in tumulti, avventaronsi sopra di essi, imputandoli di aver loro trovato addosso la sognata polvere.


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Osservazioni sulla tortura
di Pietro Verri
1804 pagine 93

   





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