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      Si tratta adunque di una questione seriissima e degna di tutta l'attenzione, e non regge quanto si può dire per diminuirne il ribrezzo o l'importanza.
     
      IX. Se la tortura sia un mezzo per conoscere la verità
     
      Se la inquisizione della verità fra i tormenti è per se medesima feroce, se ella naturalmente funesta la immaginazione di un uomo sensibile, se ogni cuore non pervertito spontaneamente inclinerebbe a proscriverla e detestarla; nondimeno un illuminato cittadino preme e soffoca questo isolato raccapriccio e contrapponendo ai mali, dai quali viene afflitto un uomo sospetto reo, il bene che ne risulta dalla scoperta della verità nei delitti, trova bilanciato a larga mano il male di uno colla tranquillità di mille. Questo debb'essere il sentimento di ciascuno, che, nel distribuire i sensi di umanità, non faccia l'ingiusto riparto di darla tutta per compassionare i cittadini sospetti, e niente per il maggior numero de' cittadini innocenti. Questa è la seconda ragione, alla quale si cerca di appoggiare la tortura da chi ne sostiene al giorno d'oggi l'usanza come benefica ed opportuna, anzi necessaria alla salvezza dello stato.
      Ma i sostenitori della tortura con questo ragionamento peccano con una falsa supposizione. Suppongono che i tormenti sieno un mezzo da sapere la verità: il che è appunto lo stato della questione. Converrebbe loro il dimostrare che questo sia un mezzo di avere la verità, e dopo ciò il ragionamento sarebbe appoggiato; ma come lo proveranno? Io credo per lo contrario facile il provare le seguenti proposizioni:


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Osservazioni sulla tortura
di Pietro Verri
1804 pagine 93