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      Tutta la storia ci attesta l'annientamento di Milano sotto il regno infaustissimo di Vitige, e sotto il comando crudelissimo di Uraja. I pochi abitatori delle rovine di Milano erano dominati da un conte, che li reggeva in nome del sovrano. Ci restano le memorie di Leone conte, che governava nell'840, e d'Alberigo conte che governava nell'865, il quale stava di alloggio in Curia ducis, dove è ora il Cordùs, siccome già accennai, e nelle carte s'intitolava: Nos Albericus comes, in Placitum publicum singulorum hominum iustitiam faciendam64. Poche memorie ci rimangono di quei tempi. Il quartiere della città delle Cinque vie si trova nominato sino nell'ottavo secolo. Alcune chiese avevano la stessa denominazione che conservano anche in oggi, di che può consultarsi il benemerito conte Giulini, che laboriosamente ne ha sviluppata la erudizione.
      Il primo passo che era da farsi per rianimare la città giacente, egli era ripararne le mura, e cingerla per modo che vi potessero soggiornare sicuri gli abitatori. Questo pensiero non venne in mente ai sovrani; la condizion de' tempi non ne aveva fatto nascere l'idea. I Longobardi, rozzi ed agresti, non conoscevano le passioni delle anime grandi, non furono perciò sensibili alla gloria di lasciare vestigio di opere pubbliche. I re franchi interrottamente comparivano nell'Italia per ricevere la corona imperiale, per farsi proclamare in una dieta dai signori italiani, e lasciavano poi un principe, da essi dipendente, col titolo di re d'Italia, a governarla.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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