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      I barbarismi, le sconcordanze sarebbero costanti se fossero state in uso nel parlare; né può intendersi questa varietà di errori, se non supponendo che ciascheduno s'ingegnasse di dare una desinenza latina, come meglio sapeva, alle cose che cercava di esprimere. Alcuni persino adoperavano latinizzati gli articoli del volgare da due parti, dalla terza, dalla quarta; come in una carta del 941. Coeret ei da duos partes tenente ursone, item de insola comense, de tercia parte terra sancti victori de masalia, da quarta parte terra sancti petri de clevade97. Dallo stato della lingua può conoscersi che affatto erano ignote le lettere; e di quei tempi nemmeno abbiamo veruno scrittor milanese che stendesse le memorie degli avvenimenti della città; siccome cominciarono poi a fare nel secolo undecimo Arnolfo e Landolfo il Vecchio. Un'altra ragione poi mi persuase che, anche ne' secoli bassi, in Milano e nella Lombardia si parlasse a un dipresso il dialetto che il popolo tuttavia conserva; e ciò perché le vocali u ed eu pronunziate coll'accento francese, e così altre desinenze della lingua francese, non mi sembrano innesti fatti colla dominazione dei Franchi, ma una emanazione dell'antica lingua gallica originale, siccome disopra accennai. Gli Spagnuoli ne' due ultimi secoli dominarono il Milanese, e appena tre o quattro parole spagnuole ci sono restate, infado, amparo, giunta, desdita e poco più. I Longobardi regnarono per più lungo tempo che i Franchi, e poche voci abbiamo che traggano la sua origine dal tedesco.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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