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      Questa generale pronunzia francese più che italiana, adunque, è una tradizione da padre in figlio, che ascende sino all'antica venuta de' Galli, e per conseguenza non interrotta. In queste materie la dimostrazione non può sperarsi; le sole probabilità ci determinano, ed esse mi sembrano favorevoli a questa opinione. Un contadino del milanese potrà in breve tempo intendersela con un contadino provenzale; e più difficilmente s'intenderanno fra di loro due contadini, uno milanese e l'altro calabrese; tanto il nostro dialetto appartiene più alla lingua di Francia che all'italiana!
      L'architettura, il disegno, la pittura non erano però avvilite al segno al quale lo erano le lettere. Oltre l'atrio della chiesa di Sant'Ambrogio, ci rimangono di quei tempi l'altare della chiesa istessa, i bassi rilievi del palio d'oro, il mosaico del coro e la tribuna. La porta della chiesa di San Celso, l'altare di San Giovanni in Conca sono di que' tempi: cose tutte lontane della eleganza che soddisfi un delicato conoscitore; ma però non affatto barbare, anzi lavori di qualche sorta di merito. Gli organi erano adoperati nelle chiese anche in Milano; ma erano fabbricati in Costantinopoli, dove rimaneva ancora ricoverato qualche avanzo di manifatture. Lodovico il Pio aveva ricompensato un prete veneziano che da Costantinopoli aveva portato l'arte di fare gli organi. Il papa Giovanni VIII aveva chiesto in grazia dal vescovo di Frisinga un organo, e chi lo suonasse, l'anno 873; il che ci fa vedere che nemmeno la musica aveva luogo nell'Italia.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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