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      Si sapeva che il santo vescovo aveva pazientemente sofferta la persecuzione del principe; e aveva tollerati con carità e mansuetudine i suoi fratelli, che traviavano nella fede; e a Dio, padrone di tutto, supplice offeriva le sue preghiere, acciocché misericordiosamente gli richiamasse alla strada della vita, senza adoperare egli altre armi o suggestioni, che la parola che persuade, l'esempio che persuade ancor più, e la fraterna compassionevole affezione, colla quale si distinse quel beato nostro pastore. L'orgogliosa ambizione di sovraneggiare persino le idee, coprendosi col manto d'un religioso zelo, ha introdotta la persecuzione, la violenza, i roghi, i quali non hanno distrutto giammai il fanatismo, ma attizzandolo anzi, l'hanno alimentato, e resi irreconciliabili gli eterodossi. L'umanità, la dolce insinuazione, la pazienza disarmano gli avversari, e li chiamano a venerare il vero Dio, con mansuetudine, con pace, colla benevolenza e coll'esercizio della virtù. Io mi sono prefisso di non considerare Ariberto come arcivescovo. Come uomo pubblico, cittadino, soldato politico, egli ha saputo rendersi padrone di quella ròcca, il che in vano altri aveva tentato; e il suo cuore ricusò di approvare l'atto ingiusto e crudele del supplizio. Vi è molto anche da dubitare se veramente quegl'infelici fossero in errore nel dogma. Mi pare incredibile l'errore di fisica sulla generazione. Mi sembra assurdo l'altro errore, loro imputato, cioè che fosse loro opinione dannarsi ciascuno se non moriva fra i tormenti.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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