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      È strano il sistema che il sovrano confidi al pubblicano medesimo la cura della difesa: ma la sovranità elettiva d'un monarca per lo più lontano, in tempi ne' quali non si tenevano milizie stabilmente assoldate, poteva renderne il progetto spediente. Dovevano temersi le scorrerie degli Ungheri, e da essi forse avevano anche imparato i vicini a depredare. Non era sicuro il contadino di raccogliere e conservare la mèsse del suo campo. I Pavesi, Lodigiani, Novaresi e i Comaschi venivano furtivamente a predare i Milanesi; e questi altretanto facevano fuori de' confini. Non v'era giudice che avesse una giurisdizione estesa per punire il delitto commesso da un uomo che abitava fuori di contado. Perciò ogni distretto doveva essere custodito, e questa custodia era confidata all'arcivescovo, personaggio il più facoltoso e autorevole della città, ma non però l'arbitro di essa; poiché v'erano i messi ed i giudici regii, che potevano e dovevano condannare l'arcivescovo al rinfacimento, tosto che per negligenza di lui gli estranei avessero portato danno a un Milanese. L'autorità dei conti, che in origine comandavano la città in nome del sovrano, si andava indebolendo ogni anno. La potenza dell'arcivescovo non era dunque illimitata, anzi avendo preteso i fratelli dell'arcivescovo Landolfo, præ solito, civitatis abuti dominio143, venne scacciato per questa insolita pretenzione l'arcivescovo dalla città, la quale, tempore Ottonis imperatoris primi, Bonizio...... virtute ab imperatore accepta, velut dux castrum procurando regebat.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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