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      Erlembaldo aveva eletto Attone: il popolo lo aveva colle percosse costretto a rinunziare; non era mai stato ordinato; e il papa lo sosteneva. I Milanesi ricorsero al re Enrico, che nominò per arcivescovo Tealdo, milanese, che possedeva un ufficio nella sua reale cappella. Gregorio VII gli comandò che non ardisse di farsi ordinare se prima non veniva a Roma, ove il papa voleva decidere fra esso e Attone; nel tempo stesso scrisse ai vescovi suffraganei, comandando loro di non consacrare Tealdo. Tealdo nondimeno fu consacrato solennemente, e posto nel suo ufficio, poiché Erlembaldo era stato ucciso. Il papa, in un concilio tenuto in Roma nel 1078, lo scomunicò insieme coll'arcivescovo di Ravenna; eccone la cagione: Thealdum dictum archiepiscopum mediolanensem, et ravennatem Guibertum, inaudita haeresi et superbia adversus hanc sanctam catholicam ecclesiam se extollentes, ab episcopali omnino suspendimus, et sacerdotali officio, et olim jam factum anathema super ipsos innovamus238. Più volte fu ripetuta la scomunica; ma non per ciò le funzioni di Tealdo vennero sospese. Ildebrando ebbe una superiorità senza esempio quando vide il re Enrico nel castello di Canossa, a piedi nudi, nel mese di gennaio del 1077, aspettare per tre giorni la grazia di gettarsegli ai piedi, e implorare l'assoluzione della scomunica. Ma fu ben diversa la scena nel 1084, quando Enrico s'impadronì di Roma, fece incoronare papa appunto Guiberto, arcivescovo di Ravenna, e ne scacciò Ildebrando, che, rifugiatosi in Salerno, poco dopo terminò la sua vita.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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