Pagina (206/1182)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Cesare, Ottaviano Augusto e gli altri Romani non deridevano i vinti. Il grande Ottone si mostrò pure abitatore del mondo, come lo sono le anime grandi. Le antipatie nazionali sono minute opinioni del volgo. In ogni secolo e presso di ogni nazione le anime nobili sempre furono al disopra della popolare invidia, ingiusta per lo più o fomentata da una meschina politica. Cercano esse indistintamente il vero merito, e si pregiano di onorarlo ovunque lo trovino; mirano la terra come la patria del genere umano, e gli uomini una famiglia, divisa in buoni e malvagi. Un sovrano poi, che è il padre dei suoi popoli, non può avere piccole gelosie di fazione. Federico mancò di politica. Dovevano accorgersi i Lodigiani, i Pavesi, i Cremonesi, i Comaschi e gli altri che l'imperatore non era punto affezionato né agli Italiani né ad essi. La guerra fatta ai Milanesi certamente non aveva per oggetto la loro felicità, liberandoli dall'oppressione; ma, profittando delle nostre discordie, cercava di sottometterci. È vero che con una pomposa formalità aveva Federico, il giorno 3 di agosto dello stesso anno 1158, consegnato ai consoli lodigiani in Monteghezzone un vessillo, e data loro la proprietà di quello spazio alla sponda dell'Adda per fabbricarvi, siccome fecero, la nuova città di Lodi; ma l'imperatore con questo dono non perdeva cosa alcuna; e le città alle quali in quella dieta prese tutte le regalìe, per formare a se medesimo un tributo annuo di trentamila marche d'argento, perdevano assai.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





Ottaviano Augusto Romani Ottone Lodigiani Pavesi Cremonesi Comaschi Italiani Milanesi Federico Monteghezzone Adda Lodi