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      Il povero ed il plebeo d'Italia sentono di avere men potere che non ha il ricco ed il nobile; ma persuasi che gli uomini sono d'una specie sola, si considerano come meno fortunati, ma non diversi, anzi eguali, al momento in cui riesca di radunare della ricchezza. Nella Lombardia (se ne eccettuiamo il marchese di Monferrato ed il conte di Biandrate) non so che allora vi fosse alcun signore che dominasse città o borghi, o nemmeno terre intiere. Questo sistema di tenere divise le terre è antichissimo nella Lombardia; dove i feudi non furono mai tanto considerabili, come in altri regni d'Europa. Quasi tutte le terre del Milanese anche oggidì sono divise in più possessori. A primo aspetto sembra che siavi qualche cosa di più grande nella Germania, dove un monarca ha sotto il suo impero de' sudditi che posseggono delle signorie di intere città, e de' distretti di più miglia di paese. Questo da noi non vi è. È bensì vero che l'estensione dello stato di Milano non è grande, e può paragonarsi ad un rettangolo lungo sessanta e largo cinquanta miglia; entro del quale spazio una porzione sensibile è montuosa, quale il contado di Como e i contorni di Lecco, che sono l'emanazione delle Alpi; e in questo piccolo spazio vivono un milione e centomila abitanti; i quali da questo spazio di terra ricavano, oltre il loro cibo, un eccedente d'un milione e trecentocinquantamila annui zecchini. Un milione di zecchini ce lo somministra la seta che si trasporta agli esteri. I caci ed il lino c'introducono più di duecento altri mila zecchini.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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