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      Si riconobbe che costoro erano Saraceni. Allora l'imperatore si inoltrò, e pose il campo col grosso del suo esercito a Cassino Scanasio, d'onde l'obbligammo a sloggiare ben presto, coll'aver rotti alcuni sostegni ed inondato il di lui campo. Portossi l'imperatore a nuovo campo fra Besate e Casorate; ed ivi pensarono i Milanesi a restituire a Federico II il trattamento sofferto due anni prima a Cortenova. Mancava un fiume da porgli alle spalle. Scavammo un profondo canale fra il nostro campo ed il nemico, e vi facemmo sboccare l'acqua del Naviglio grande che allora chiamavasi il Tesinello. Tutto ciò sembrava un'opera destinata alla difesa del nostro campo; ma il disegno era di chiamare l'imperatore di qua del canale, poi, per sorpresa, attaccarlo. Per riuscirvi si finse che i Comaschi avessero abbandonato il nostro partito, e più non volendo combattere contro dell'imperatore, ci avessero lasciati. Dopo ciò levammo le tende, e quasi ci ritirassimo per essere di troppo inferiori di
      forza, scomparvimo. Gl'Imperiali credettero a quest'apparenza, e passarono il canale per accostarsi a Milano; ma impetuosamente assaliti dai nostri, usciti all'improvviso dall'imboscata, vennero disfatti gl'Imperiali. Molti furono i prigionieri, e molti gli estinti sul campo, o precipitati nel fiume artificialmente scavato per tale effetto. Questo rovescio fece cambiare idea a Federico, che abbandonò il Milanese, e si rivolse verso della Toscana.
      (1245) Un altro tentativo fece l'imperatore Federico II contro di noi, sei anni dopo.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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