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      I figli tennero per alcuni giorni occulta la di lui morte; anzi si facevano entrare medici e cibi nella stanza, come se Matteo tuttora fosse vivo; e ciò si fece per aver modo almeno di salvare le di lui ceneri, e riporle celatamente in luogo ove alcuno non potesse insultarle per paura dil pontefice, che il cadavere non facesse remanere insepulto, dice il Corio. Qual carattere abbia fatto di Matteo il Fiamma, si è veduto nel capitolo precedente. La fisonomia di Matteo era piacevole: due begli occhi cerulei, vivaci, carnagione bianca, tratti del volto fini e gentili. Egli non si mostrò crudele giammai. Ebbe il raro talento di sopportare in pace la fortuna contraria, e il talento più raro ancora di non ubriacarsi co' favori di lei. Nessuna prova egli diede mai di valor militare, e tutti i successi felici delle sue armi si debbono al coraggio ed al talento di Luchino, di Galeazzo, e sopra gli altri di Marco, suoi figli. Di quest'ultimo l'Azario dice: qui omnes alios probitate excedebat488, e si vede che credette di significare prodezza. Per altro in Matteo non si conosce alcuno di que' tratti sovrani che indicano le anime grandi, capaci d'innalzarsi al sublime. Egli si limitò sempre a pensieri proporzionati alla sua condizione presente, e preferì la prudenza all'eroismo. La grandezza della sua casa singolarmente si deve a lui; ma piuttosto per una combinazione di circostanze, che per un ardito progetto ch'ei ne avesse immaginato. Matteo è stato un buon uomo, un buon padre, un buon principe, accorto, giudizioso; ma non l'ho chiamato Matteo Magno, perché quel titolo è consacrato per distinguere quelle anime vigorosamente energiche, le quali, slanciatesi oltre la sfera comune degli uomini, formano un'epoca della felicità, della coltura e dei progressi della ragione negli annali del genere umano.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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