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      Conseguenza di un tal sistema era l'accrescimento de' tributi per aver mezzi onde stipendiare quegli estranei, ai quali si commetteva la difesa dello Stato. Oltre il catastro generale de' fondi che si fece, siccome vedemmo, verso la metà del secolo decimoterzo, e sul quale s'incominciarono a ripartire i carichi pubblici, che prima si distribuivano per capitazione, ovvero sulla stima annua de' frutti raccolti, s'instituì la privativa della vendita del sale, di cui la più antica memoria che abbiamo ce la riferisce il Corio all'anno 1272. In un trattato fra il re Roberto di Napoli e i fuorusciti Milanesi del partito de' Torriani, promise il re ch'egli non avrebbe guadagnato nella vendita del sale se non venti soldi papali per ogni moggio, e ciò per il sale comune; il bianco però e raffinato era libero a lui il venderlo come più gli fosse piaciuto. Questo trattato si fece l'anno 1312. Venti soldi papali del secolo decimoquarto valevano, secondo il calcolo del Muratori, ventiquattro paoli538. Il moggio è di staia settanta; e, ciò posto, la gabella si riduceva a cinque soldi de' nostri per ogni staio di sale; così che a un di presso allora prometteva di venderlo al valore che oggidì corrisponderebbe a soldi quaranta per ogni staio. Per un trattato di commercio che si fece fra i Milanesi ed i Veneziani l'anno 1317, segnato il giorno 30 d'agosto in Venezia, i Veneziani si obbligarono a dare a quegli il sal marino, e i Milanesi si obbligarono a prenderlo tutto da essi, ed a non spanderlo né sul Comasco né sul Veneto.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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