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      Il conte, dopo i primi saluti, diede il segnale concertato; e Jacopo dal Verme il primo spronò il cavallo, e pose le mani addosso della persona del signor Barnabò, dicendogli: siete prigioniere. Ben tosto Ottone da Mandello gli levò dalle mani la briglia; altri gli tagliò il cingolo; così al momento Barnabò fu disarmato, togliendogli altri spada, altri la bacchetta dalle mani. Contemporaneamente lo stesso venne fatto ai due suoi figli Rodolfo e Lodovico; e presto presto, in mezzo alle armi, vennero tradotti nel castello di Porta Giovia, poco di là lontano. Barnabò venne cautamente trasportato poi al castello di Trezzo, ove anco oggidì vedasi la stanza, in cui sopravisse sette mesi colla sua o moglie o amica Donnina de' Porri, sin che morì avvelenato, a quanto si dice. Tanto seppe simulare il conte! Egli aveva trentadue anni.
      Appena il colpo era fatto, il conte, alla testa degli armati, entrò nella città, e senza veruna opposizione se ne impadronì, fra gli evviva della plebe, alla quale permise tosto di saccheggiare i palazzi di Barnabò e de' suoi figli; e la plebe di più saccheggiò le dogane e la gabella del sale, che era alla piazza dei Mercanti. Nella fortezza di Porta Romana vi fu ritrovato tanto argento per caricarne sei carri, ed in ori vi si contarono settecentomila fiorini. Quindi si radunò un consiglio generale della città, il quale tosto conferì il dominio al conte di Virtù, e, dopo lui, a' suoi discendenti maschi legittimi, in quel modo a lui più fosse piaciuto590. Con tal decreto vennero esclusi i discendenti di Barnabò; e in quel giorno Giovanni Galeazzo Visconte, conte di Virtù, diventò sovrano di ventuna città, e sono Reggio, Parma, Piacenza, Cremona, Brescia, Lodi, Bergamo, Crema, Milano, Como, Vigevano, Pavia, Bobbio, Alessandria, Valenza, Novara, Tortona, Vercelli, Alba, Asti e Casale.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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