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      So che la filosofia, le lettere, la musica, la pittura, le arti tutte hanno i loro ipocriti, come gli ha la virtù, come gli ha la religione; ma un giovine dissoluto che si diverte a far lacerare gli uomini dai cani, non è sulla strada d'alcuna ipocrisia.
      Sarebbe un problema da esaminarsi tranquillamente da un uomo ragionevole e non ambizioso, se veramente Matteo Visconti abbia procurato un bene a se stesso e alla sua casa, innalzandosi al trono. Lo stesso Matteo I morì di rammarico per gl'interdetti e le scomuniche; Galeazzo I, suo figlio, cessò di vivere per i lunghi patimenti sofferti nel carcere; Stefano perì di veleno; Marco venne gettato da una finestra; Luchino fu avvelenato dalla moglie; Matteo II fu ucciso violentemente dai fratelli; Barnabò morì in carcere a Trezzo di veleno; Giovanni Maria fu trucidato. È una gran massa di sventure cotesta, accadute ad una famiglia in meno di cento anni! Nella condizione privata è ben difficile che ne accada altretanto. Azzone e Giovanni furono i due soli principi felici, perché sensibili, benèfici e virtuosi, ma fu breve il loro regno. Egli è vero però che questo seguito di miseri casi nacque per i vizi di que' sovrani; quando, nella serie di cinque secoli dell'augusta casa d'Austria non troveremo veruna traccia de' mali che in meno d'un secolo sopportarono i Visconti.
      Il duca Giovanni Maria non lasciò figli: Juvenem his monitis imbuerunt, dice il Biglia, ut jam uxorem, si non repudiatam, certe pro dissociata haberet627; né della duchessa Antonia, figlia di Malatesta de' Malatesti, si è inteso più cosa alcuna.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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