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      Ciò fatto, il Carmagnola si portò sul Bresciano. Egli conosceva quel paese, poiché sei anni prima vi aveva guerreggiato per riacquistarlo al duca e scacciarne i Malatesti. Era celebre la battaglia ch'ei vinse l'anno 1420, il giorno 8 di ottobre; ora si trattava di acquistar Brescia ai Veneziani. Il conte ne scacciò l'armi del duca. Il comandante che Filippo Maria aveva posto alla testa delle sue armi invece del Carmagnola, era Guido Torello; uomo che non pareggiava i talenti del Carmagnola. Sotto del Torello combattevano Niccolò Piccinino e Francesco Sforza, uomini di merito; ma il primo di questi due si sdegnava d'essere sotto il comando d'un generale ch'egli non credeva superiore a se stesso; l'altro era ancor giovine, focoso ed inesperto. Oltre ciò, passavano fra tutti e tre quelle rivalità che, tendendo a farsi reciprocamente scomparire, rovinavano il sovrano e lo Stato, del quale ad essi era consegnata la difesa. Presa Brescia, era da temersi che la guerra non s'avanzasse nel centro del dominio; e perciò dovette il duca richiamare le truppe dalla Romagna, e abbandonare per sempre Forlì, Imola e Faenza, che appena da due anni erano sue. (1427) Il conte Francesco Carmagnola diede una sconfitta ai ducali il giorno 11 ottobre 1427. Quasi tutti i generali del duca, e quasi tutti i suoi soldati rimasero prigionieri. Oltre i già nominati erano nell'esercito ducale altri generali, cioè il conte di Cunio Alberico da Barbiano631, Cristoforo Lavello, Carlo Malatesta ed Angelo della Pergola; uomini che tutti avevano buon nome nella guerra.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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