Pagina (523/1182)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Giammai i trattati di pace furono tanto insignificanti come allora; poiché il giorno dopo si violavano se conveniva, e la fede pubblica si considerò una parola senza alcuna idea. Non ho voluto fare la storia di molte marziali vicende troppo uniformi, la minuta notizia delle quali sarebbe un peso inutilissimo alla memoria, poiché nessun lume somministrerebbe, o per meglio conoscere lo stato de' tempi, o per l'arte militare medesima. Avrei pur bramato di trovare qualche germe almeno di virtù in que' tempi; ma l'ho cercato in vano. Le fisionomie degli uomini ch'ebbero parte negli affari pubblici, mi si presentarono tutte bieche ed odiose. La fede e la probità erano celate allora nell'oscurità di qualche famiglia, e nel magazzino dei negozianti. La virtù nasconde e copre la sua esistenza nell'asilo della privata fortuna per essere sicura contro i colpi del vizio, quand'egli è armato e trionfante come in que' tempi. Non può incolparsi a malignità di messer Niccolò Macchiavello s'egli ha dato per norma ai principi una pessima morale. Egli era un pittore che fedelmente ci rappresentava gli oggetti quali erano allora; la colpa sua è quella di non aver osato di esaminare la fallacia della politica che generalmente si praticava: io ne do la colpa alla mente, piuttosto che al cuore di quell'autore. Per vedere anche in piccolo la fede di que' tempi, aggiungo un fatto solo. Già dissi che il duca, l'anno 1419, aveva comprato da Gabrino Fondulo la città di Cremona, collo sborso di trentacinquemila ducati.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





Niccolò Macchiavello Gabrino Fondulo Cremona