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      Improvvisamente Lodovico staccossi dal suo esercito, e comparve nel castello di Milano il giorno 7 di settembre 1479; il che sorprese il Simonetta. La duchessa e il duca lo accolsero come un cognato ed uno zio amico, e venne alloggiato nel castello. Cicho Simonetta venne accolto da Lodovico con apparente amicizia e stima, come un vecchio ministro benemerito; ma egli non si lasciò ingannare, e nel momento in cui poté abboccarsi colla duchessa, le disse: Signora, io perderò la testa, e voi lo Stato. (1480) E in fatti, il giorno 30 di ottobre del 1480, a Pavia, gli venne troncata la testa all'età di settant'anni; al quale destino, sebbene ingiusto, si piegò colla costanza e magnanimità che doveva coronare la virtuosa di lui vita. Cicho era fratello di Giovanni Simonetta, autore della storia sforzesca. E in vita e in morte Cicho si mostrò degno di essere stato l'amico di Francesco Sforza. Si fecero allora i quattro versi seguenti:
     
      Dum fidus servare volo patriamque ducemque,
      Multorum insidiis proditus, interii.
      Ille sed immensa celebrari laude meretur,
      Qui mavult vita, quam caruisse fide699.
     
      Come poi venisse abbandonato a così indegno destino un ministro tanto illibato ed illustre, ce lo dice il Corio; cioè per la fazione de' nemici, i quali giunsero a prendere le armi contra lo stesso Lodovico, avendo alla testa Federico marchese di Mantova, Guglielmo marchese di Monferrato, Giovanni Bentivoglio ed altri illustri personaggi, i quali obbligarono Lodovico a far imprigionare il Simonetta, che, malgrado la protezione e gli uffici di altri principi, venne abbandonato alla vendetta de' nemici che gli avea conciliati la passata fortuna, e fors'anco la stessa sua virtù.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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