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      amigliare educazione di persona ben nata, e per il consorzio di distinti signori che l'ammisero alla loro dimestichezza, avrebbe dovuto avere avvezzato il proprio animo a quella cortesia che piuttosto abbonda anzi che mostrarsi scarsa nel rimeritare, almeno con officiose parole, i servigi che si ricevono. E sia questa una specie di funebre olocausto, che l'occasione offerì e l'amicizia tributa alla memoria di Michele Daverio, che, fuori del torbido de' tempi in cui visse, e in altro paese, avrebbe gioito della stima dovuta al candore della sua anima, alle sue sociali e domestiche virtù, alla purissima e fervida smania che il commoveva per il bene della sua patria; ...benché in essa pochissimi sapranno ch'egli abbia finito di subitanea morte la sua mondana carriera in Zurigo nei primi giorni del cadente anno.
      Un'altra censura fatta al conte Verri, non parziale alla storia, ma estesa a tutte le sue opere, è quella di essere licenzioso scrittore in fatto di lingua. La difesa ch'egli fece a sé e a' suoi colleghi nel noto foglio periodico il Caffè, come pretendenti ad un illimitato arbitrio, provocò gli sdegni di un giudizioso ma intemperante critico, Giuseppe Baretti; il quale, dalla sua famigerata Frusta letteraria in poi, continuò fino alla morte l'incessante suo chiasso per questa, a suo dire, imperdonabile arroganza. Verri, in que' primi ardimenti del suo ingegno scriveva da filosofo, non da grammatico; forse errò nel menarne vanto; ma nel calore di una fazione di guerra, quale era quella propostasi dagli animosi e illustri giovani della società del Caffè contro i parolai e i pedanti, come misurare le mosse a compasso e pretendere che non trascendasi?


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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