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      Ho voluto estendermi in questi dettagli, mentre qualche lettore superficiale avrebbe potuto appormi a viltà l'accingermi a combattere un morto; né senza la presente occasione avrei più parlato di lui; e nella necessità di parlarne e di giustificare la mia asserzione, il farò più compendiosamente che mi sarà possibile.
      Non è colpa del canonico Frisi se, per la diversità dell'educazione e degli studi, e, diremo anche, per la sproporzione de' talenti, si trovò egli inferiore di forze a sostenere lodevolmente un carico che l'amicizia e la stima per l'illustre defunto gli fecero assumere; e così se egli, credendo di far meglio, stemperò in circonlocuzioni e frasi contorte e floscie il testo chiaro, preciso, robusto, evidente del Verri; se, come canonico e teologo, tanto nel proseguimento stampato che nel tomo manoscritto, modificò o tacque ciò che di sfavorevole incontrava in argomenti di giurisdizione ecclesiastica, riducendo il suo lavoro ad un perpetuo panegirico de' governatori e degli arcivescovi di Milano, se avendo trovato nelle memorie del Verri le incisioni di quattro figure di danzatori ed una lunga di lui nota intorno ai balli e ai teatri della fine del secolo decimosesto, non ha potuto resistere alla bramosìa di pubblicarle, e per riuscirvi trasportò la nota racconciata a suo modo dall'anno 1598, cui spettava, al 1545, con manifesto anacronismo; e se, vagando per tutta la storia dell'Europa, impinguò il suo testo con lunghi riempitivi presi dal Guicciardini e dal Muratori, senza riguardo al savio precetto del Verri nel tomo I, ove dice: Non avendo io preso a scrivere una storia generale, ma unicamente quella di Milano, né per ora né in seguito mi stenderò mai sugli avvenimenti d'Italia se non di volo, e per quella connessione che ebbero colla nostra città. Siccome sbagli innocenti debbono pure riguardarsi nel lavoro del Frisi diverse inesattezze di epoche o di nomi; quale è per esempio quella a p. 248, dove con aperta distrazione di mente fa condurre da Lannoy, noto generale di Carlo V, un esercito francese in Italia in servizio della Lega; quella alla p. 263, nell'avere indicato Francesco I qual possessore tuttavia di una buona parte del Milanese, invece del duca Francesco II, come dice il Verri con più proposito; quella di aver detto alla P. 269 che Clemente VII creò cardinale il figlio del gran cancelliere Morone nel 1542, mentre quel papa era morto fino dal 1534; e del pari l'altra, a p. 358, che il governatore duca di Sessa fosse giunto in Milano in marzo dell'anno 1558, laddove il signor Salomoni, nelle sue Memorie storico-diplomatiche, p. 147, ha provato che quel duca nel mese di giugno era ancora in Madrid: errore suo proprio, benché minimo, non essendovi traccia di esso ne' manoscritti del conte Verri.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
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