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      Il duca di Borbone e il marchese di Pescara ricevettero frattanto il rinforzo di ottomila Tedeschi. Fecero radunare le truppe che tenevano acquartierate in Cremona, Lodi ed altri luoghi; formarono un corpo di ventiduemila fanti, oltre i cavalli, e per Sant'Angelo marciarono a Pavia, e si collocarono vicini e di fronte al campo francese, cosicché le guardie avanzate nemiche si parlavano. Il Guicciardini871 scrive che Pescara s'avviò per la battaglia sotto Pavia con settecento uomini d'arme, settecento cavalli leggieri, mille fanti italiani, e più di sedicimila tra Spagnuoli e Tedeschi. Ivi si mantennero per venti giorni, mettendo in allarme e inquietando i Francesi, ut primum metu ac sollicitudine vexarent, deinde cum vanum timorem consuetudine remisissent, securiores offenderent, ubi visum esset vero praelio lacessere872. Il re Francesco stava ben munito nel suo campo, situato nel parco, il quale, essendo cinto di mura, non dava accesso a' Cesarei, se non per alcune porte ben presidiate da' corpi avanzati francesi. Sperava il re che, stando a fare la guerra difensiva, e guadagnando tempo, l'armata imperiale, mancante di stipendio e mal provveduta di tutto, dovesse sciogliersi da sé medesima. Infatti i comandanti cesarei temevano lo stesso, e perciò deliberarono di commettersi alla fortuna d'una battaglia873. Allora i soldati erano mercenari e liberi. Nessun bottino potevano sperare i Francesi debellando i Cesariani, mancanti di tutto. Per lo contrario sommo profitto avevano in vista i Cesarei battendo i Francesi, il re, i principali signori del regno, tutti radunati con immense ricchezze e pompe, e ciò oltre il profitto del riscatto di sì illustri prigionieri.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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