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      I capitoli per timore accordati dal Leyva e dal marchese del Vasto non potevano rendere affezionato il Popolo ai soldati, né questi al popolo; e la memoria delle violenze usate, e della pertinace ostilità per cui si teneva bloccato il duca, teneva pronti ad avvampare di nuovo i principii di una guerra civile. Una sera, andando Antonio de Leyva per la contrada de' Bigli, vide un giovane con un giubbone di velluto verde, e gli disse: Che fai qui? vieni con me. Il Leyva era scortato da sessanta fucilieri. Il giovane rispose che non voleva altrimenti venire, e si pose in fuga; i satelliti del Leyva lo uccisero. Un altro giovane, sentendo il rumore, uscissene di casa colla spada, e venne pure ucciso dai satelliti; altri concorrendo, si fece un grido: Italia, Italia! Il dì 16 di giugno il tumulto fu assai grande, e tutta la notte fu la città sulle armi, e si sparse sangue alla Scala e in Porta Vercellina, e si fecero barricate attraverso le vie della città con travi, fascine, botti, ec.; e la domenica, 17 giugno, essendo gli Spagnuoli collocati sul campanile del Duomo, donde facevano i segnali, la plebe si avventò contro la guardia di corte, ed il capitano di essa, fingendosi favorevole ai Milanesi, diede loro il Santo, col quale contrasegno li assicurò che quei del campanile l'avrebbero consegnato senza opporsi. La plebe credette, e spedì un certo Macasora, il quale salì, credendosi sicuro col nome del Santo; ma in riscontro ebbe un'archibugiata, che lo distese morto: il che veduto dal popolo, tanto sdegno prese pel tradimento, che, posto gran fuoco sotto di quella torre, arrostì coloro che la presidiavano, indi s'impadronì del capitano, e lo ammazzò tra il campanile e la guardia di corte.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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