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      Oltre gli Svizzeri venuti in rinforzo dell'armata collegata, non indugiò il re di Francia in quel torno a spedire in aiuto di essa, giusta i patti, quattromila Guasconi, quattrocento corazzieri, e quattrocento cavalleggieri sotto il comando del marchese Michele Antonio di Saluzzo. L'imperatore Carlo V, per impedire la guerra, col mezzo di Ugo Moncada, avea fatto al papa Clemente la proposizione di dargli lo stato di Milano in deposito, frattanto che si esaminasse la causa dello Sforza; che se egli fosse conosciuto innocente, subito gli si consegnasse il ducato; se poi fosse giudicato fellone, allora Cesare ne avrebbe investito, non già Ferdinando suo fratello, ma il duca Carlo di Borbone: tanto era egli alieno dal volerselo appropriare. Ma Clemente VII, confidando nella Lega, nemmeno questo partito volle ascoltare924. Il Moncada si portò verso il regno di Napoli, si unì ai Colonnesi, fece una scorreria in Roma; il papa tremava in castel Sant'Angelo senza soldati e senza viveri; né sperando altronde pronto soccorso, cercò allora l'amicizia di Cesare, e richiamò le sue truppe.
      Intanto che il pontefice, seguendo il suo costume, si piegava a nuovo partito a seconda degli avvenimenti, l'esercito della Lega, reso potente pei successivi rinforzi pervenutigli, si lusingava di espugnar Milano colla fame, cingendola da più lati per chiudere ogni adito alle vittovaglie, quando seppe che Giorgio Frandsperg nel Tirolo radunava un armamento in soccorso degli Imperiali; il quale infatti nel mese di novembre discese dal Tirolo in Italia con tredici in quattordicimila fanti tedeschi, radunati colle promesse di gran preda; e per il Mantovano giunse a Borgoforte sulla riva del Po. Cambiaronsi allora le speranze dei Collegati, e passarono dalla guerra offensiva alla difensiva, in modo che il duca d'Urbino, lasciati in Vaprio i Francesi e gli Svizzeri sotto il comando del marchese di Saluzzo, accorse col restante dell'esercito a far argine ai Tedeschi; ma il pronto accorrere dei Collegati non valse a trattenerli, mentre essi piombarono sul Piacentino, non curandosi di Milano, già ridotto all'estrema indigenza, risoluti di passare al saccheggio di Firenze e di Roma.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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