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      (1536) Nel mese di marzo del 1536 l'ammiraglio Filippo Chabot de Brion entrò nel Piemonte con ottocentodieci lance, mille uomini di cavalleria leggera, e ventitremila fantaccini francesi. Il duca di Savoia, alleato dell'imperatore, abbandonò Torino, si ritirò a Vercelli, spedì la moglie e il figlio a Milano, e i Francesi s'impadronirono di tutto il paese sino alla Sesia967. Intesa da Carlo V in Napoli la nuova impensata di questa irruzione, lasciò le feste colà principiate per lo sposalizio da lui finalmente accordato della principessa Margherita sua figlia con Alessandro de' Medici, duca di Firenze, e si trasferì a Roma, ove giunse il 6 di aprile. Ivi erano il signor Velly, ambasciatore francese, che lo seguiva, e il vescovo di Macon, ambasciator francese presso del papa. Carlo V entrò nella sala del concistoro, dove erano radunati i cardinali aspettando il papa. Il papa fece pregare l'imperatore d'entrare da lui, ma Carlo V rispose che voleva ivi aspettare il santo padre, il quale tosto comparve col numeroso suo corteggio. L'imperatore disse che aveva cose premurose da esporre in presenza del sacro collegio; il papa voleva che tutti uscissero, trattine i cardinali. No, disse Cesare, ciascuno rimanga: bramo che il mondo tutto sappia quello ch'io sono per dire. Poi prese a tessere la storia della condotta di Francesco I, la prigionia di lui, la moderazione propria, il trattato di Madrid, la mancanza totale di fede, la sfida e il rifiuto del re. Mostrò la uniforme costanza di rettitudine e fede dal canto proprio, dipinse la insidiosa e subdola politica del re; ricordò il vano pretesto dell'invasione nel Milanese per il supposto carattere pubblico del Maraviglia, la invasione attuale fatta nel Piemonte minacciando il Milanese, ad onta del trattato di Madrid e di quello di Cambrai, la disposizione propria per la pace, al qual fine dimenticando ogni ingiuria era pronto a dar l'investitura del Milanese a un figlio del suo rivale, ma non al secondo, acciocché non fosse prossimo il caso di aversi a riunire alla corona di Francia quello Stato; e la ostinazione del re di volerne investito il duca di Orleans secondogenito.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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