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      Primieramente colla nomina di tre cardinali milanesi tosto dopo la sua elezione, tra i quali fu il di lui nipote Carlo Borromeo; poi di altri cinque nel 1565. Concesse inoltre al collegio de' giurisperiti, cui era stato ascritto, molti privilegi e distinte rendite, oltre un fondo sufficiente per erigere la maestosa fabbrica per la sua residenza, la quale, ridotta a compimento nel 1564996 sotto la direzione dell'architetto Vincenzo Seregno, sussiste tuttora. Elesse l'altro suo nipote conte Federico Borromeo, capitano generale di Santa Chiesa, ed accumulò talmente nel cardinal Carlo i benefizi ecclesiastici, le dignità, i feudi, le pensioni, che, allorquando questi si decise a rinunziarvi per dedicarsi del tutto alle cure della sua chiesa milanese, che insieme col cardinalato gli era stata conferita, trovavasi investito del grado di legato a latere per tutta l'Italia, protettore di molti ordini regolari, e titolare di dodici commende; onde possedeva di redditi ecclesiastici l'insigne somma di novantamila zecchini, quibus, cum haberet, conchiude il Bescapè997, insignis fuit, et cum dimisisset, insignior998. E nell'atto stesso di rinunziarvi ha potuto ancora, col favore dello zio, convertirli in benefizio stabile del suo paese, siccome avvenne dell'abbazia di Calvenzano, che applicò alla fabbrica del collegio Borromeo in Pavia, cui nel 1564 avea dato principio.
      (1560) L'anno 1560 fu contrasegnato dalla morte del gran cancelliere Francesco Taverna, conte di Landriano. Egli nasceva da una nobile famiglia, e per la via della toga fu dottor collegiato, poi fiscale, indi senatore, poscia presidente del magistrato straordinario, creato per ultimo gran cancelliere del duca Francesco II, e confermato da Carlo V. La probità, i talenti, l'attività, il cuore e la prudenza di questo degno ministro si conobbero in varie legazioni ch'egli felicemente eseguì presso la repubblica Veneta, a Roma presso Clemente VII, presso il re di Francia e presso dell'imperatore, conciliando trattati di pace e alleanze.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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