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      Due terzi de' suoi abitanti, per poco che ne avessero i mezzi, si rifugiarono alla campagna, e quelli che furono costretti a rimanere, nella noia del loro forzato ricovero, fra la vicendevole mestizia, nella continua angoscia, cagionata dalla tema di essere instantaneamente sopragiunti dal mortifero morbo, non avevano altre distrazioni che il periodico pulsare alle porte di chi recava loro un misurato alimento, o il lento trascorrere de' carri per le vie carichi di morti o di semivivi, lo stridore delle di cui ruote era stato reso maggiore coll'arte, affinché all'appressarsi di quelli ciascuno più prontamente s'allontanasse. Non bastando il vastissimo Lazzaretto a contenere i malati, fuori d'ogni porta della città si dispose un recinto, dove gli altri si trasferivano. Un difficilissimo oggetto fu pure la cura delle vittovaglie. Per più di sei mesi circa cinquantamila persone furono a spese pubbliche alimentate; e non bastando le rendite civiche, le elemosine de' facoltosi, l'entrate de' luoghi pii, la città vi destinò altresì i capitali che ritrasse dalla vendita de' suoi dazi. Il dispendio prodotto da questo sommo disastro fu calcolato di quasi un milione di zecchini1025. Il morbo non si estinse del tutto che dopo diciotto mesi. I morti nella sola città ascesero a circa diecisettemila; e il Bescapè, che ho particolarmente seguìto in questo doloroso racconto, aggiunge che in quello spazio di tempo v'ebbero quattromila e trecento nati1026. A questa sciagura debbono i Milanesi l'esistenza di una bella chiesa, quella di San Sebastiano, eretta per voto del corpo civico sul disegno dell'architetto Pellegrino de' Pellegrini, e dotata di ricchissimi arredi1027. Verso il principio del 1577, però senza colpa della peste, morì Girolamo Cardano, di settantacinque anni, illustre per il suo sapere, per il suo ingegno e per la sua esimia credulità nelle scienze occulte.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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