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      I nobili et possessori de' beni non ponno mantenere il loro stato se non cavano mediocremente da' loro frutti. L'infima plebe et tutto quel popolo che vive con le opere diurne, non trova da lavorare, perché non havendo il ricco denaro, non può spendere. Dei contadini, quelli che sono fittaiuoli (che sono per lo più ne' paesi irrigati dalle acque) non ponno soddisfare ai fitti e s'impoveriscono totalmente; gli altri che lavorano a parte (et è tutto quel tratto di provincia che non s'irriga), non hanno con che far denari per comprar bovi, vestiti, pagar carichi camerali et far altre simili spese, se non col prezzo di poco frumento che avanza loro; poiché la maggior parte, pagato il fitto, consuma in semente; et la segale, miglio et altri grani simili appena bastano per vivere poveramente. Il vino, quando si raccoglie (che, oltre il ricercare spesa grande, è sottoposto a tante ingiurie del cielo), paga i debiti contratti col patrone negli anni sterili e calamitosi, in modo che, se col pochissimo frumento che gli avanza, non sovviene alle altre sue necessità, è spedito. Il resto dei contadini con le braccia si vede per ferma esperienza che, se il pane è a gran buon mercato, non voglion fare opera, et abbandonano il fittaiuolo né maggiori bisogni dell'agricoltura, o il tiranneggiano con prezzi eccessivi; dal che siegue maggior danno, spendendosi molto per raccoglier frutti che valgon poco; in modo che questa gran viltà de' prezzi non giova ad altri che a quella specie di huomini che, esercitando mercanzie, comprano pane e vino, perché essi, vendendo caro né più né meno le merci loro et spendendo poco nel vivere, arricchiscono.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182