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      Si hanno di lui delle gride vincolanti per i grani, e proibì l'industria de' cambiavalute, dove regnava l'arbitrio della zecca. (1612) Venne dopo due anni, e governò per un triennio, don Giovanni di Mendozza, marchese de la Hynojosa, personaggio cortese e senza fasto. Era dotato di vivacità, di molto ingegno e memoria, facile ad ascoltar chiunque, e indefesso nel suo ministero. Amava i Milanesi, e nel tempo stesso (associazione di doti non comune) era fedele e zelante per il servizio del re. Teneva i suoi domestici modesti, lasciava il corso regolare agli affari, promoveva agl'impieghi uomini degni di occuparli. Ebbe fama d'uomo debole, e forse mancava, nel dimenticarsi della propria dignità e nel manifestare quello che sapeva e pensava. (1614) La guerra del Monferrato gl'impedì di lasciar vestigio notabile del suo governo, tranne la milizia civica da lui istituita in Milano, allorché, per l'occasione di quella guerra, dovette sguernire di truppe i presidii del Milanese: istituzione mantenuta poi, e decorata di privilegi e di distinzioni. (1616) Dopo la pace d'Asti, divenuto sospetto alla corte di parzialità per il duca di Savoia, fu richiamato, e si mandò in sua vece don Pietro di Toledo Osorio, marchese di Villafranca. La potenza di questo governatore era tale, che, senza previa notizia nemmeno del re, levò l'ufficio di gran cancelliere a don Diego Salazar, che n'era investito fino dal 1592, e lo conferì a don Giovanni di Salamanca, presidente del magistrato straordinario.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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