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      Dovette pur scomparire un altra volta, e pare a torto. Un suo domestico avea percosso un cane della principessa Trivulzi, e i domestici di essa lo uccisero. Il duca ordinò al capitano di giustizia la carcerazione degli omicidi; il capitano si portò nella casa della principessa e li fece imprigionare. La principessa era Spagnuola, spedì un corriere alla corte, venne l'ordine che dovessero i detenuti ricondursi nella casa Trivulzi, e il capitano di giustizia ne chiedesse scusa. Così rovesciavasi ogni idea di giustizia e di buon governo per una raccomandazione. Scemato per tal modo il rispetto verso il governatore, si videro affisse delle satire contro di lui; e non potendosi trovare indizio dell'autore, malgrado i premii proposti, il duca ebbe ricorso a un negromante, il qual ciurmatore fece credere che un frate fosse il colpevole. Per caso nominò un frate contro cui, secondo le opinioni religiose di que' tempi, non si poteva altro castigo imporre che il bando; e l'ebbe il padre Giudici, crocifero, sulla prova del mago, ben pagato per questo. Il duca non era né affabile né cortese; era violento, capriccioso, orgogliosissimo, giuocatore vizioso, scostumato, rapace: così ce lo dipinge l'autore. Come vivessero i popoli sotto il di lui governo e quali esempi ricevessero, è facile comprenderlo. Se recò maraviglia in Milano il trovarsi quattordici lire nella tesoreria generale alla partenza del duca del Sesto, molto più fece sorpresa l'erario totalmente esausto lasciato dall'Ossuna in tempi meno infelici.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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