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      868 Perciò mi maraviglio grandemente che il chiarissimo conte Pietro Verri nella sua recentissima Storia Milanese, abbia insegnato, non essere quei monumenti di alcun giovamento a tessere la istoria di quelle età: il che veramente tanto strano mi sembra, che costretto sono a confessare di non sapere quello che il chiarissimo autore intenda sotto il nome di Istoria.
      869 Lettere di messer Bernardo Tasso. Venezia, presso Lorenzini da Turino, 1561, p. 4.
      870 Lib. XV.
      871 Lib. XV.
      872 Per vessarli da prima col timore e coll'agitazione; quindi, dopo che essi si sarebbero colla consuetudine spogliati di quel vano timore, offenderli con maggiore sicurezza, allorché fosse sembrato opportuno assalire i nemici con vera battaglia. Sepulveda, p. 166.
      873 In Pavia mancava la polvere. Perciò i Cesarei staccarono sessanta cavalieri spagnuoli, ciascuno dei quali portava all'arcione un sacchetto di polvere. Questi, incamminatisi verso Pavia, caduti in mezzo ai Francesi, dieder loro a credere d'esser del signor Gian Giacomo Medici; al che venne prestata fede, e così portarono quel soccorso a Pavia. Le truppe del Medici servivano la Francia, come presentemente farebbero le truppe leggieri di Ussari, Croati, Ulani, Calmucchi, Cosacchi; e, poco avvezze alla militare disciplina, erano sconosciute all'esercito, col quale guerreggiavano colle scorrerie, anzi che colla riunione in un solo corpo d'armata. Il Medici, ferito d'archibugiata in una coscia il 20 febbraio, mentre cercava di rappresagliare alcuni Pavesi, fu trasportato a Parma per essere medicato, e così evitò fortunatamente il destino della battaglia 24 febbraio.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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