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      Io mi studierò di fare che molto giovamento io possa arrecare, non nuocere ad alcuno; e se pure sarò costretto a nuocere, meno il farò di quello che qualunque altro fatto avrebbe, ed in questo modo operando, farò si che quello, siccome danneggiato con moderazione e per la sola necessità, credasi di avere da me ricevuto beneficio. Che se tu temi che troppo repentinamente io mi sia allontanato dall'esercizio forense, sappi che con quello la nuova mia carica ha grandissima simiglianza, e che maggiore prontezza ed erudizione si richiede dall'avvocato del Fisco, che non dagli altri, parché ben sovente trattare egli dee estemporaneamente di casi subinanei ed impensati, e quanto più eccelso è il luogo in cui egli splende, quanto più illustri sono gli uditori, tanto più è d'uopo che egli declami e perori con facondo ed ornato sermone; per questo, anche a mio malgrado, forzato sono ad attendere maggiormente agli studii della rettorica, che se nel fòro rimasto io mi fossi coi Bartoli e coi Baldi. Ma tu non sembri promettere una lunga durata al regime dei Galli, e mi predichi che grave mi riuscirà, dopo di avere gustato il fasto della magistratura, menare una vita privata, e quasi tornare alle formule forensi. Per verità a me non è lecito il pronosticare né l'indovinare quando mai possa rivendicarsi la libertà italica: tuttavia i trattati coi Veneti e cogli Svizzeri, che ho udito pendere interamente dall'arbitrio del re, mi sembrano molto contribuire alla diuturnità; né, se è lecito dire il vero, si può al presente conoscere per congettura, da quali forze i Francesi, o in qual tempo dall'Italia possano essere cacciati.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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