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      E la mattina, avanti giorno, legai in bottega mia messer Achille nudo e la donna in camicia. E quando fu ora che da ciascuno potessino essere visti, feci aprire la botega e mi fuggì' in su una gondola avevo preparato lor e me n'andai a Triesti dove intesi che [20r] li cavi de' Dieci, inteso il caso, avevono preso tutta la roba mia et alla Smeralda dati ducati dugento e mandata al padre. Tutto il resto avevono messo in sul monte di S. Marco e me avevono confinato in questo luogo per anni dieci e, quando non osservassi, tutti li miei beni diventassino di messer Achille. Et io voglio osservare acciò che lui non goda le mie fatiche, che ho d'entrata in su S. Marco ducento ducati l'anno. E già ho passati quattro anni di confino più dolcemente ho potuto, e così spero fare il resto".
     
      Iudicai per le parole del libraro che lui della donna e di messer <Achille> sanza crudeltà si fussi vendicato. E perché, come dissi di sopra, l'oste mi pareva buon compagno, mi lasciai consigliare a lui dove dovevo andare la sera et a che oste. E così partendomi dal libraro e da esso, e cavalcando sempre lungo l'Adice, arrivai a Rovereto, castello de' Veniziani, e scavalcai a una osteria nel borgo verso Trento.
      L'oste mi ricevé volentieri e, mentre che li cavalli s'assettavano, mi disse: "Uomo da bene, tu m'arai escusato se io non ti tratterò come sono solito trattare li altri pari tuoi. E' forestieri solevano alloggiare meglio in questa osteria che in altra che fussi di qua a Roma; ma ti voglio dire la causa perché la casa, come vedi, in gran parte è guasta e le masserizie sono sute tolte et ogni cosa è ito in ruina.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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